Negli anni abbiamo avuto modo di parlare più volte della terribile piaga del caporalato: migliaia di persone, oggi in gran parte stranieri irregolari e senza documenti, sfruttate fino alla morte, senza alcun diritto, pagati poche lire dopo aver passato fino a 18 ore consecutive nei campi.
Una piaga che spesso si fa finta di non vedere, e proprio questo porta fino agli eccessi che la cronaca odierna ci racconta: lavoratori minacciati persino con le armi, per rendere di più.
Incredibile ma vero: un uomo, un imprenditore agricolo, è stato arrestato dagli agenti del Commissariato di Terracina (Latina), perché sparava addirittura contro i suoi braccianti, per “spronarli”.
Secondo le indagini, i suoi lavoratori sono stati ripetutamente minacciati e aggrediti dal loro capo. All’ennesimo licenziamento di un operaio, si è presentato nell’alloggio dei braccianti sparando e puntando loro l’arma alla gola.
Negli anni, l’indagato avrebbe costretto braccianti agricoli di nazionalità indiana a lavorare in condizioni disumane, aiutato da alcuni caporali impegnati nella sorveglianza nei campi.
L’uomo ora sarà processato per sfruttamento del lavoro, minaccia aggravata con l’utilizzo di arma da fuoco (un fucile a pompa), lesioni personali, detenzione abusiva di munizionamento, omessa denuncia di materie esplodenti, avendo sottoposto manodopera (braccianti agricoli di nazionalità indiana) a condizioni lavorative degradanti nonché corrispondendo loro retribuzioni difformi dalla normativa vigente.
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