Il basilico è utile per la nostra salute e quanto pare possiede anche una molecola in grado di combattere il morbo di Alzheimer.
A volte gli alimenti più comuni hanno proprietà sorprendenti. È il caso del basilico, che contiene una molecola, il fenchol, che agisce sui sintomi del morbo di Alzheimer intervenendo nell’intestino.
Con 100 milioni di neuroni, il nostro intestino è considerato il nostro secondo cervello. Questi neuroni, ma anche i metaboliti prodotti dai batteri nel microbiota, comunicano con il cervello tramite il sistema nervoso autonomo.
I medici sono sempre più interessati al ruolo dell’intestino e del suo microbiota nelle malattie che si esprimono nel cervello come le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, o le malattie mentali, come la depressione.
Il ruolo del microbiota è particolarmente studiato nella malattia di Alzheimer. Ricercatori americani hanno scoperto l’effetto positivo di una molecola, abbondante nel basilico, sui sintomi dell’Alzheimer ricreati in un modello animale.
La molecola, chiamata fenchol, agisce su un recettore trasportato dai neuroni nell’intestino. Solitamente questo recettore, FFAR2, è attivato dagli acidi grassi a catena corta prodotti dai batteri intestinali.
Tuttavia, le persone con malattia di Alzheimer possono essere carente di acidi grassi a catena corta. Per compensare la perdita dell’effetto benefico dell’attivazione di FFAR2 nei pazienti, i ricercatori statunitensi hanno setacciato una libreria di 114.000 composti naturali, cercando quello che attiva meglio FFAR2.
La migliore molecola contro il morbo di Alzheimer
La migliore è il fenchol, presente nel basilico, ma anche nell’uva o nella senape.
Il fenchol previene la neurodegenerazione legata all’accumulo di proteine amiloidi. Nei modelli animali, il trattamento con fenchol aumenta la durata della vita e riduce la proliferazione delle placche amiloidi nel corpo dei vermi Caenorhadbitis elegans.
Il meccanismo alla base dell’effetto benefico del fenchol non è completamente compreso, ma sembra che l’attivazione del recettore FFAR2 da parte di quest’ultimo stimoli l’attività proteasoma e lisosomiale dei neuroni.
Proteasoma e lisosomi sono due elementi coinvolti nella distruzione dei rifiuticellulare.
Le placche amiloidi iperattivate verrebbero quindi più facilmente distrutte nei neuroni, proteggendoli così dalla distruzione.
Questo studio, pubblicato su Frontiers in Aging Science, mette in evidenza soprattutto come ciò che accade nel microbiota potrebbe avere un effetto positivo nel cervello affetto da Alzheimer.