L’origine dell’universo e la formazione delle sue strutture più maestose, come galassie e buchi neri, continua a essere un argomento di intensa ricerca e discussione tra gli astronomi. Recenti studi, potenziati dalle osservazioni del James Webb Space Telescope (JWST), hanno portato nuove prospettive su questa questione, sfidando alcune delle nostre comprensioni precedenti.
Tradizionalmente, si pensava che i buchi neri si formassero dal collasso di stelle supermassicce, emergendo quindi dopo le prime stelle e galassie nell’universo primordiale. Tuttavia, ricerche recenti suggeriscono che buchi neri e galassie possano essere coesistiti e influenzati reciprocamente molto presto nella storia dell’universo, forse già nei primi 50 milioni di anni, una frazione minima rispetto ai suoi 13,8 miliardi di anni di storia. Questo periodo rappresenterebbe i primi giorni di gennaio, se la storia dell’intero universo fosse rappresentata come un calendario di 12 mesi.
Gli astronomi, guidati da Joseph Silk, propongono che i flussi di materia espulsi dai buchi neri possano aver compresso le nubi di gas, trasformandole in stelle e accelerando notevolmente il tasso di formazione stellare. Questo meccanismo spiega l’apparente paradosso delle galassie osservate nell’universo primordiale tramite il JWST, che appaiono molto più luminose del previsto, rivelando un alto numero di stelle giovani e buchi neri supermassicci.
Secondo questo nuovo modello, i buchi neri non solo si formavano contemporaneamente alle prime galassie ma svolgevano un ruolo cruciale come “semi” per la loro formazione, agendo come enormi acceleratori di particelle che, con i loro campi magnetici potenti e i flussi di plasma turbolento, favorivano la formazione stellare. Questo processo di feedback positivo, che ha caratterizzato le fasi iniziali dell’evoluzione dell’universo, avrebbe poi rallentato, riducendo il gas disponibile per la formazione di nuove stelle.
Queste scoperte non solo mettono in discussione la sequenza temporale tradizionalmente accettata per la formazione di stelle, buchi neri e galassie, ma offrono anche nuove intuizioni sul modo in cui le galassie e i loro buchi neri centrali possono aver coevoluto nell’universo primordiale. Le osservazioni future del JWST potrebbero confermare ulteriormente questi risultati, offrendo una comprensione più approfondita della dinamica e dell’evoluzione dell’universo nelle sue fasi più primitive.
In sintesi, le recenti ricerche suggeriscono che i buchi neri potrebbero aver avuto un ruolo molto più significativo e precoce nell’evoluzione dell’universo di quanto precedentemente pensato, agendo non solo come fenomeni distruttivi ma anche come catalizzatori critici per la formazione delle prime galassie. Queste scoperte aprono nuove vie di ricerca e potrebbero rivoluzionare ulteriormente la nostra comprensione della storia cosmica.