La Corte Costituzionale ha stabilito che la coltivazione di cannabis anche per uso personale rimane un reato.
Con la sentenza 109 del 2016 depositata il 20 maggio 2016 la Suprema Corte ha stabilito coltivare marijuana per uso personale non può essere equiparata alle condotte punite solo con sanzione amministrativa.
Questa equiparazione, per i giudici, potrebbe “dare luogo a un processo produttivo in grado di ‘autoalimentarsi’ e di espandersi, potenzialmente senza alcun limite predefinito tramite la riproduzione dei vegetali: tale attitudine a innescare un meccanismo di creazione di nuove disponibilità di droga, quantitativamente non predeterminate, rende non irragionevole la valutazione legislativa di pericolosità della condotta”.
Ed ecco spiegato perché i giudici della Consulta il 9 marzo scorso, avevano dichiarato non fondata la questione sollevata dalla Corte d’Appello di Brescia che aveva posto dubbi sulla legittimità della norma, contenuta nel Testo Unico sulle Droghe.
In questo testo, infatti, la coltivazione di cannabis finalizzata in via esclusiva all’uso personale, non è inclusa tra le condotte punibili solo con sanzione amministrativa.
Si legge nella sentenza numero 109 della Corte Costituzionale: “La strategia di intervento volta a riservare un trattamento meno rigoroso al consumatore dello stupefacente non esclude che il legislatore, nell’ottica di prevenire i deleteri effetti connessi alla diffusione dell’abitudine al consumo delle droghe, resti libero di non agevolare i comportamenti propedeutici all’approvvigionamento dello stupefacente per uso personale”.