Sono mesi duri per Attilio Fontana: il governatore della Lombardia è già stato aspramente criticato per la sua gestione della pandemia di Coronavirus, ma la tegola che in queste ore gli è crollata in testa è ancora più grossa.
Fontana è stato infatti travolto dallo scandalo camici anti-Covid: il governatore deve rispondere sulla fornitura dei camici alla Regione da parte del cognato e al bonifico mancato da 250mila euro.
Indagato per «frode in pubbliche forniture» oggi il presidente interverrà al Consiglio regionale della Lombardia, con le opposizioni pronte nel caso a presentare una mozione di sfiducia, mentre il suo avvocato, Jacopo Pensa, ha spiegato che si recherà in settimana dai magistrati per cercare di capire la posizione esatta del suo assistito.
Ma intanto ci tiene a far sapere che non ha alcuna intenzione di dimettersi, rimandando al mittente ogni accusa.
“Questa storia è pazzesca. Ma qual è il reato? Di solito le persone finiscono indagate perché prendono dei soldi illecitamente – ha spiegato in un colloquio con La Stampa -. Io invece rischio di passare alla storia come il primo politico che viene indagato perché i soldi ha cercato di versarli”.
“L’unico reato che vedo veramente è una palese violazione del segreto istruttorio e per questo probabilmente mi rivolgerò ai magistrati di Brescia. Ogni democratico dovrebbe indignarsi per quello che mi sta succedendo ma lo so, tanto è inutile, le regole ormai sono saltate”, chiosa.