Allergie in Aumento: Il Cambiamento Climatico Sta Moltiplicando il Polline e Peggiorando i Sintomi

Antonio Capobianco

Negli ultimi anni, chi soffre di allergie stagionali ha notato sintomi più intensi, più lunghi e più difficili da gestire. A confermarlo è la scienza: il cambiamento climatico sta alterando radicalmente la quantità e la distribuzione del polline, trasformando quella che un tempo era una semplice “stagione delle allergie” in un problema di salute pubblica su scala globale.

Allergie in Aumento Il Cambiamento Climatico Sta Moltiplicando il Polline

Più caldo, più polline, più problemi respiratori

Secondo i ricercatori, l’aumento delle temperature globali prolunga la stagione dei pollini e amplifica la produzione di queste microscopiche particelle. Il risultato? Un’esposizione prolungata per milioni di persone in tutto il mondo, con sintomi allergici che si manifestano prima, durano più a lungo e diventano sempre più intensi.

Ma non è tutto. I cambiamenti climatici stanno anche favorendo fenomeni estremi come l’asma da temporale, una condizione potenzialmente mortale innescata da specifiche condizioni atmosferiche.

L’inquietante caso di Melbourne

Il 21 novembre 2016, a Melbourne, in Australia, si è verificato uno degli eventi più gravi mai registrati di asma da temporale. Dopo un forte temporale, milioni di frammenti di polline sminuzzati sono stati dispersi nell’aria, innescando una crisi respiratoria collettiva. Dieci persone hanno perso la vita, e gli ospedali della città hanno ricevuto un numero di pazienti asmatici otto volte superiore al previsto.

Secondo il professor Paul Beggs della Macquarie University, l’evento è stato “catastrofico” e probabilmente aggravato dal cambiamento climatico, che aumenta la concentrazione di polline nell’aria e modifica la sua stagionalità.

Come i temporali intensificano le allergie

Durante un temporale, l’umidità e i forti venti frammentano i granuli di polline in particelle minuscole che penetrano più facilmente nelle vie respiratorie. In poche decine di minuti, l’aria può diventare carica di allergeni altamente attivi, anche per chi non è asmatico. Il rischio è particolarmente alto per i giovani e per chi già soffre di allergie respiratorie.

Il polline: da elemento naturale a minaccia invisibile

Il polline è parte integrante del ciclo riproduttivo delle piante, ma per chi è allergico rappresenta una seria minaccia. Quando il sistema immunitario lo identifica erroneamente come pericoloso, scatta una reazione difensiva con sintomi che vanno dal naso che cola agli attacchi d’asma.

Le piante che si affidano al vento per diffondere il proprio polline – come erbe, alberi e infestanti – sono le più problematiche per chi soffre di raffreddore da fieno.

L’ambrosia e il boom del polline

Tra le piante più temute c’è l’ambrosia, diffusa in tutto il mondo e capace di produrre oltre un miliardo di granuli di polline per pianta. Negli Stati Uniti, circa 50 milioni di persone ne sono allergiche. E la stagione dell’ambrosia sta diventando sempre più lunga: in alcune città nordamericane è aumentata anche di 25 giorni in appena due decenni.

Il motivo? Inverni più miti, primavere anticipate e autunni più lunghi, tutti effetti del riscaldamento globale.

CO₂ e super-polline: un legame pericoloso

A peggiorare la situazione c’è l’anidride carbonica (CO₂). Alcune delle piante più allergeniche, come l’ambrosia o la quercia, crescono meglio e producono più polline in presenza di alti livelli di CO₂. In laboratorio, piante coltivate con 800 ppm di CO₂ hanno prodotto fino al 50% in più di polline rispetto a quelle cresciute in condizioni normali.

Lo stesso è stato osservato per le querce in Corea del Sud: a livelli elevati di CO₂, la produzione di polline era da 3,5 a 13 volte maggiore rispetto ai livelli attuali.

Cosa ci aspetta nel futuro?

Uno studio del 2022 ha previsto che, entro la fine del secolo, la stagione dei pollini potrebbe iniziare 40 giorni prima e finire 15 giorni dopo. Questo significherebbe quasi due mesi aggiuntivi di allergie ogni anno. E non si tratta solo di esposizione prolungata: la concentrazione stessa di allergeni nell’aria è aumentata del 46% rispetto agli anni ’90.

La soluzione? Ridurre le emissioni

Gli esperti concordano: senza un taglio drastico delle emissioni di gas serra, gli effetti sulle allergie stagionali peggioreranno. Affrontare il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale, ma anche di salute pubblica.

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