Per i lavoratori sono una bella manna dal cielo, un contributo extra aggiuntivo allo stipendio, da ricevere nei giorni in cui si lavora oltre l’ora di pranzo e quindi si ha l’esigenza di pranzare fuori.
Ma per i negozianti e gli esercenti i “famigerati” buoni pasto sono un vero e proprio salasso, un problema da risolvere al più presto.
A lanciare l’allarme sono le associazioni di categoria che rappresentano le imprese della distribuzione e della ristorazione del nostro Paese – Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad, Fida e Confesercenti – per la prima volta riunite in un tavolo di lavoro congiunto: senza correttivi urgenti, a partire dalla revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione, la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto.
Fipe spiega: “Le commissioni sono diventate troppo onerose, insostenibili per gli esercenti” al punto che accettare i ticket sarebbe “ormai una perdita. Un esercente vende prodotti e servizi per un valore di 8 euro ma ne incassa 6,18 e aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercenti si vedono decurtare 3mila euro”. Di conseguenza “bisognerà mettere in discussione l’intero sistema”.
Le associazioni puntano quindi il dito contro la politica spiegando che questo “è l’effetto delle gare bandite da Consip per la fornitura del servizio alla pubblica amministrazione, che hanno ormai spinto le commissioni al di sopra del 20%”.
Ricordiamo che ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano fuori casa: di questi, 2,8 milioni sono dotati di buoni pasto e il 64,7% li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall’ufficio.