Demenza, sono i calciatori la categoria più a rischio

Angela Sorrentino

Certo ci sono bambini che da grande sognano di fare i medici, gli astronauti o i corazzieri, ma è indubbio che la stragrande maggioranza dei bambini ormai sogni di diventare un campione dello sport, ed in particolare un calciatore.

Un calciatore è considerato una sorta di “mito” moderno: giovani ricchissimi, con il mondo ai propri piedi e venerati da milioni di persone.

Ma naturalmente anche la vita dei calciatori non è tutta rose e fiori: si rischiano infatti quotidianamente gravi lesioni ossee e muscolari, ma a quanto pare anche gravi contraccolpi psicologici.

A lanciare l’allarme uno studio condotto dall’Università di Glasgow, in Scozia, su oltre settemila ex giocatori professionisti scozzesi, in merito al possibile rapporto fra i colpi di testa nel calcio e i danni cerebrali, pubblicato sul New England Journal of medicine, e segnalato su Quotidiano Sanità: i calciatori professionisti sono tre volte e mezza più a rischio demenza rispetto al resto della popolazione a parità di età. 

Nello specifico, fa sapere il neuropatologo Willie Stewart che ha guidato la ricerca che “il rischio di malattie fra gli ex calciatori rispetto al resto della popolazione è cinque volte superiore per l’Alzheimer, di quattro volte superiore per le patologie come la Sla, di due volte superiori per il Parkinson”.

Il rischio deriverebbe per i calciatori professionisti dall’esposizione a ripetuti colpi in testa. Un giocatore colpisce la palla con la testa in media 6-12 volte a partita, il che significa migliaia di volte nell’arco della carriera. Ad influire non sarebbero comunque solo i colpi forti ma il ‘conto’ totale dei ripetuti impatti ricevuti alla testa, compresi quelli che non danno sintomi.

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