Lavaredo, alpinisti salvati non vogliono pagare il conto

Antonio Capobianco

Chi non è novellino delle scalate e delle montagne in generale sa bene che bisogna fare estremamente attenzione al tragitto che si sceglie di intraprendere e soprattutto alle condizioni atmosferiche, per non rischiare la propria vita e mettere a repentaglio anche quella di altri, soccorritori in primis.

Eppure in tanti, troppi, scelgono di sfidare la natura ed  propri limiti, con le conseguenze più svariate: c’è chi perde persino la vita, ma soprattutto chi provoca una gran mobilitazione di uomini e mezzi per essere tratti in salvo.

Chi paga? Chi imprudentemente si mette in pericolo, anche se non sempre tutto è così scontato, come ci racconta la storia odierna.

Tutto è partito nei giorni scorsi, quando una coppia di scalatori spagnoli è rimasta bloccata per tre giorni a 2750 metri di quota. I due hanno rifiutato per due volte il salvataggio, perché erano convinti di essere ormai arrivati in vetta, mentre in realtà mancava ancora un’ottantina di metri, abbastanza impegnativi.

I soccorritori avevano però capito che gli alpinisti si trovavano fuori dal percorso normale di scalata, e solo al terzo tentativo e grazie alle pressioni della mamma di uno dei due, i due alpinisti alla fine si sono lasciati portare in salvo.

Come prevede la normativa, i due salvati sulle Tre Cime di Lavaredo, a Belluno, dovranno ora pagare tra gli 8 e i 10 mila euro per l’intervento del Soccorso Alpino, ma a quanto pare si rifiutano.

“Noi non abbiamo chiamato nessuno, non paghiamo” ha spiega il 45enne capocordata di Barcellona all’Ansa. L’uomo e la sua compagna si trovano ancora sulle Dolomiti, dove per qualche giorno proseguiranno la loro vacanza.

“Non siamo assicurati – aggiunge -, ma nessuno ha richiesto l’intervento, quindi il caso è chiuso. Quello che ho letto in queste ore non è accurato: non abbiamo chiamato i soccorsi. Non c’era nessuna emergenza. Eravamo fermi per il maltempo, avevamo creato un bivacco e stavamo scendendo, con i nostri tempi, senza panico. E purtroppo non c’era copertura telefonica per avvertire mia madre”. “Ma non siamo degli sprovveduti, come ci hanno dipinto – conclude lo spagnolo -, ma alpinisti esperti”.

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