Povertà, carestia, malnutrizione, mortalità infantile altissima, scontri etnici sanguinosi, lavoro minorile, migliaia di stupri: piaghe che affliggono la Repubblica Democratica del Congo, rendendo il paese uno dei meno “ospitali” e pericolosi.
E come se tutto ciò non bastasse, il paese è nuovamente flagellato dal temibile virus dell’Ebola.
Proprio in queste ore è stata confermata una nuova epidemia, non legata alla precedente che nelle ultime settimane aveva colpito un’altra regione: è dovuta a un diverso ceppo del virus, ed è la decima che colpisce il paese.
E pensare che solamente una manciata di giorni fa l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva dichiarato conclusa l’ultima epidemia iniziata lo scorso aprile.
Il ministro della Salute Oly Ilunga Kalenga ha detto che finora almeno 37 persone sono morte a causa della nuova epidemia. In totale i casi di contagio segnalati sono 44 (morti compresi), 17 certi e 27 molto probabili; si stanno facendo accertamenti su altri 54 casi sospetti.
L’emergenza è stata segnalata il primo agosto nella provincia del Nord Kivu. Il Nord Kivu è una delle regioni più popolose della Repubblica Democratica del Congo: ha otto milioni di abitanti e ci vivono più di un milione di profughi e rifugiati dai paesi vicini.
Circa 800 persone entrate in contatto con pazienti Ebola sono già stati identificate dalle autorità e sono al momento sotto osservazione per monitorare qualunque possibile sintomo della malattia.
A rendere ancora più drammatica la situazione, il fatto che l’area sia continuamente straziata da conflitti e violenze e proprio in queste settimane nel Nord Kivu è in corso un violento conflitto.
Al momento nella Repubblica Democratica del Congo sono disponibili 3.220 dosi del vaccino e l’OMS ne invierà altre.
Dal primo momento, MSF si sta occupando della prevenzione e del controllo dell’infezione nei centri sanitari dell’area circostante, ed ha già allestito un’unità di trattamento nella città di Mangina, epicentro dell’epidemia, con 30 posti letto in tende di isolamento.
Unicef invece ha mobilitato i suoi team per provare a contenere la diffusione della malattia e proteggere i bambini.
Per i responsabili del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, la preoccupazione più grande è la stessa dei medici di emergenza: “La risposta potrebbe essere complicata dai conflitti armati e dall’insicurezza nella zona”, spiega Gianfranco Rotigliano, rappresentante dell’Unicef nella Repubblica Democratica del Congo.
Acqua, kit igienico-sanitari e di sensibilizzazione verranno inviati alla zona colpita nei prossimi giorni, tra cui 300 termometri laser e 2000 kg di cloro per il trattamento dell’acqua.
Ricordiamo che l’Ebola appartiene alla famiglia Filoviridae genere Filovirus.
E’ un virus estremamente aggressivo, provoca un quadro complesso di segni e sintomi rapidamente ingravescenti riconducibili al complesso delle febbri emorragiche virali.
Per l’elevato potenziale di contagiosità è classificato dall’OMS tra gli agenti patogeni che richiedono il massimo livello di biosicurezza (BLS4).
Il virus è stato trasmesso alle persone da animali selvatici infetti e si diffonde all’interno della comunità da persona a persona.
Il tasso medio di mortalità è di circa il 50%. Nelle epidemie passate il tasso di mortalità variava dal 25% al 9%. I primi focolai si sono verificati in villaggi dell’Africa centrale e occidentale, vicini alla foresta pluviale, ma la più recente epidemia in Africa occidentale ha coinvolto le principali aree urbane e rurali.
Non esistono cure. L’unica strategia di trattamento possibile consta nel mantenere e preservare la funzionalità renale, l’equilibrio elettrolitico e porre in essere supporto farmacologico antiemorragico, con una proteina anticoagulante, e antishock. E’ stata sperimentata la trasfusione di siero da convalescenti con esito favorevole.