Per la sindrome uomo di pietra arrivano nuovi trattamenti

Antonio Capobianco

La medicina di oggi ha fatto progressi impensabili rispetto ad un secolo fa, medici e ricercatori hanno raggiunto traguardi incredibili ed hanno scoperto rimedi per malattie considerate incurabili, tuttavia, ci sono ancora malattie che rendono i medici perplessi come La FOP (Fibrodisplasia ossificante progressiva), nota anche come sindrome di Münchmeyer, è una rara malattia genetica in cui i tessuti connettivi e di supporto si trasformano progressivamente in osso. L’ossificazione inizia intorno all’età di dieci anni ed è associata alla mutazione di un particolare gene. I primi casi furono registrati nei secoli XVII e XVIII.

La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva (FOP), nota anche con il nome di Miosite Ossificante Congenita, Malattia di Münchmeyer, o Sindrome dell’Uomo di Pietra, è una malattia genetica molto rara del tessuto connettivo caratterizzata da un anomalo sviluppo di ossa in aree del corpo in cui in genere non sono presenti, ed in particolare nei tendini, nei legamenti e nel tessuto muscolare.

Sebbene forse sottostimata, è considerata una malattia rara, con prevalenza di 1 su 1 milione.

Nella FOP, non è stata osservata una preponderanza etnica, razziale, geografica o di genere.

I bambini affetti da FOP sembrano normali alla nascita, fatta eccezione per le malformazioni congenite degli alluci (alluce valgo, malformazione del primo metatarso e/o monofalangismo). Durante la prima decade di vita, possono insorgere episodi sporadici con tumefazioni (riacutizzazioni) dolorose a livello dei tessuti molli, spesso dovute a lesioni, iniezioni intramuscolari, infezioni virali, stretching muscolare, cadute o affaticamento. Queste riacutizzazioni trasformano i muscoli scheletrici, i tendini, i legamenti, le fasce e le aponeurosi in osso eterotopico, rendendo impossibile il movimento.

La patologia è scatenata da un’alterazione del recettore di una proteina implicata nei processi di ossificazione che, in risposta a determinati stimoli come un trauma, un’infezione o una lesione, trasforma muscoli, tendini e legamenti in ossa.

Si trasmette con modalità autosomica dominante (se un genitore ha la FOP, la probabilità che ciascuno dei figli la erediti è del 50%) e nella maggior parte dei casi si manifesta in modo sporadico (senza che siano coinvolti altri familiari). Per le donne affette da fibrodisplasia la gravidanza è possibile ma con rischi potenzialmente letali sia per se stessa che per il bambino.

La diagnosi della FOP si basa sull’esame clinico. Le semplici radiografie possono evidenziare le anomalie minori degli alluci e la presenza di ossificazione eterotopica. I test genetici consentono poi di confermare la diagnosi. La diagnosi differenziale si pone con l’eteroplasia ossea progressiva, l’osteosarcoma, il linfedema, il sarcoma dei tessuti molli, i tumori desmoidi, la fibromatosi aggressiva giovanile e l’ossificazione eterotopica non ereditaria (acquisita).

Solitamente la prognosi è abbastanza buona e si ottiene una stabilità dei sintomi. Circa il 65 % dei pazienti può degenerare col tempo fino ad avere bisogno talvolta di una leggera assistenza. Solo il 10 % necessita invece di cure intensive.

Sindrome Uomo di Pietra si sperimenta un nuovo trattamento

Sindrome Uomo di Pietra si sperimenta un nuovo trattamento

Ad oggi però è disponibile solo la terapia sintomatica (benzodiazepine, baclofene), che raramente è del tutto efficace. Il diazepam rappresenta l’unico farmaco che diminuisce in modo consistente la rigidità muscolare; tuttavia può accentuare la depressione nel soggetto, e dare tolleranza e dipendenza. Possono essere somministrati anche i corticosteroidi e gli immunomodulatori. L’anticorpo monoclonale rituximab ha prodotto buoni risultati in certi casi, ma è somministrato in casi gravi, dato il rischio di effetti collaterali.

Una nuova speranza arriva però da una cura sperimentale e l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova sarà il primo centro mondiale a somministrare, in via sperimentale, il nuovo farmaco che dovrebbe essere in grado di bloccare appunto l’insorgenza della fibrodisplasia ossificante progressiva.

La sperimentazione del farmaco, studiato in un laboratorio di ricerca americano, è già iniziata al Gaslini e nelle prossime settimane vedrà coinvolti anche la Mayo Clinica in America e il Royal National Orthopaedic Hospital in Gran Bretagna.

La nuova terapia, di cui i risultati sull’efficacia si avranno tra due anni, è un anticorpo monoclonare che dovrebbe non solo prevenire ulteriori ossificazioni nei malati ma anche dare la possibilità di rimuovere le ossificazioni esistenti senza che si riformino.

Qui al Gaslini inizia la sperimentazione di fase due – ha detto Maja Di Rocco, responsabile di Malattie rare dell’ospedale pediatrico genovese -. Il farmaco è già stato sperimentato a livello animale e in questa fase la sperimentazione serve per verificarne l’effettiva efficacia. Lo studio durerà due anni. Attualmente abbiamo quattro ragazze, le prime al mondo, a cui stiamo somministrando la terapia“.

Per il direttore generale del Gaslini, Paolo Petralia, “si tratta di un ottimo risultato di cui andiamo orgogliosi, un lavoro frutto delle collaborazione delle diverse professionalità del nostro istituto, attualmente unico centro italiano di riferimento per questa patologia. Lo studio clinico di un farmaco per un malattia così rara è un messaggio di speranza per i malati“.

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