David Bowie nel video che annuncia sostanzialmente la sua morte.
Nel singolo Lazarus, il cantante inglese accarezza la propria morte, anticipandola in una specie di requiem. Un testamento, un’anticipazione del proprio destino, una cosa che si sarebbe avverata di lì a poco.
Queste le impressioni del suo produttore, Tony Visconti, che conosceva bene il duca bianco. O Mozart contemporaneo, come ha volto chiamarlo qualcuno.
Il suo disco Blackstar è uscito due giorni prima che la Rockstar se ne andasse, portando con sé il proprio talento, il proprio anticonformismo, la propria malinconia, la propria riluttanza per le convenzioni.
Bowie era una artista a tutto tondo, un compositore, un cantante, un attore, che ha visto sempre se stesso in termini di maschera.
In maniera perfettamente decadente, se non si fosse capito. Era quello che sognava di essere un extraterrestre, e nel frattempo diceva che in Inghilterra ci sarebbe voluta la dittatura per mettere le cose a posto.
Era quello che sussurrava il rock, più che strimpellarlo, che voleva comunicare sempre qualcosa di più oltre la musica.
Era quello che voleva aggiungere alla musica qualcosa di suo, magari un film, o una faccia da pagliaccio. Ci è riuscito bene, anche con questo video, anche all’ultimo. Bravo, David.