Cosa accade alle clausole che istituiscono cause di esclusione atipiche

Le clausole che istituiscono cause di esclusione atipiche, ovvero quelle che non sono previste espressamente dalla legge, possono incontrare vari ostacoli in sede giudiziale. In generale, il diritto civile italiano ammette che le parti di un contratto possano inserire clausole atipiche, purché rispettino determinati limiti stabiliti dalla legge.

Cosa accade alle clausole che istituiscono cause di esclusione atipiche
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1. Principio di autonomia contrattuale (Art. 1322 c.c.)

Il punto di partenza per l’analisi è l’autonomia contrattuale, sancita dall’art. 1322 del Codice Civile, che riconosce alle parti la libertà di determinare il contenuto del contratto, anche al di fuori degli schemi tipici previsti dalla legge, purché non in contrasto con norme imperative, l’ordine pubblico o il buon costume. Tale principio permette, quindi, l’inserimento di clausole atipiche, incluse le cause di esclusione da contratti o da partecipazioni.

2. Limiti di validità delle clausole atipiche

Per quanto riguarda le clausole che istituiscono cause di esclusione, queste devono rispettare alcuni criteri di validità:

  • Conformità alle norme imperative: Non possono violare norme di legge che regolano specificamente il settore del contratto o dell’atto, come le disposizioni sul diritto societario o sulla partecipazione a gare pubbliche.
  • Non contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume: Se una clausola di esclusione viola principi fondamentali della convivenza sociale o dei valori morali protetti dalla legge, essa può essere considerata nulla.

Il riferimento normativo qui è ancora l’art. 1322 c.c., il quale, seppur riconoscendo ampia autonomia alle parti, subordina la validità delle clausole atipiche a tali limiti.

3. Clausole vessatorie (Art. 1341 c.c.)

Un ulteriore aspetto da considerare è la disciplina delle clausole vessatorie prevista dall’art. 1341 c.c. e dall’art. 33 del Codice del Consumo. Se una clausola di esclusione atipica crea uno squilibrio ingiustificato tra le parti, potrebbe essere considerata vessatoria, richiedendo quindi una specifica approvazione per iscritto, o, nel caso di contratti con i consumatori, venire dichiarata nulla. Un esempio potrebbe essere una clausola che escluda un contraente in modo del tutto arbitrario o senza ragionevole giustificazione.

4. Il principio di proporzionalità

Un’altra chiave di lettura è il principio di proporzionalità. Una clausola di esclusione, per essere legittima, deve essere proporzionata rispetto allo scopo perseguito. Se la clausola è eccessivamente gravosa o punitiva rispetto all’interesse che intende tutelare, può essere dichiarata nulla, in quanto sproporzionata.

5. Giurisprudenza

La giurisprudenza ha spesso sottolineato che le clausole di esclusione atipiche devono essere valutate caso per caso, considerando il contesto contrattuale complessivo. Se una clausola appare ingiustificata, iniqua o lesiva dei diritti di una delle parti, i giudici possono annullarla. È particolarmente importante nei rapporti societari, dove clausole di esclusione di soci devono essere giustificate e non arbitrarie, rispettando i diritti fondamentali dei soci stessi.

6. Conclusione

Le clausole che istituiscono cause di esclusione atipiche sono ammesse nel nostro ordinamento, ma devono sottostare a limiti stringenti derivanti dalla legge e dalla giurisprudenza. In particolare, esse devono rispettare il principio di autonomia contrattuale entro i confini delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume, nonché essere proporzionate rispetto allo scopo perseguito e non risultare vessatorie. In caso contrario, tali clausole possono essere dichiarate nulle.