I post offensivi pubblicati sulla bacheca di Facebook, sono diffamazione aggravata: così ha stabilito la Cassazione.
Per la Suprema Corte postare un commento costituisce: “pubblicazione e diffusione tra un gruppo di persone apprezzabile per composizione numerica”.
Un messaggio sulla bacheca Facebook ha la caratteristica di raggiungere, potenzialmente, “un numero indeterminato di persone”. Perciò quando si scrive qualcosa di offensivo sulla bacheca di Facebook, si rischia una condanna per diffamazione aggravata più o meno uguale a quella a mezzo stampa.
La Cassazione ha rilevato che “postare un commento costituisce pubblicazione e diffusione di esso”. Con queste parole è confermata la condanna a 1.500 euro di multa per un militare della Croce Rossa in congedo che aveva diffamato pubblicamente sul social network l’ex commissario straordinario della stessa organizzazione.
Il carattere proprio di un messaggio sulla bacheca Facebook, è potenzialmente quello di “raggiungere un numero indeterminato di persone”, e questo giustifica la condanna per diffamazione aggravata.
L’ex Commissario della Croce Rossa, Francesco Rocca, alla querela aveva allegato la stampa delle pagine Facebook, in cui alcuni passaggi, correlati da sue foto, avevano travalicato il limite dell’ordinario diritto di critica per sfociare in palese offese del suo decoro personale.
Riferendosi proprio al caso dell’ex comandante della Cri, la Cassazione ha riconosciuto come le frasi quali “parassita del sistema clientelare” o “quando i cialtroni diventano parassiti”, sono “oggettivamente lesive della reputazione” e “trasmodano in una gratuita e immotivata aggressione delle qualità personali” del soggetto cui le offese sono indirizzate.